Quaresima 2014

Tempo favorevole, tempo di salvezza: messaggio dell'Arcivescovo per la Quaresima

Invito a compiere un gesto di amore concreto per tanti fratelli e sorelle poveri

 Cari fratelli e sorelle,

 il cammino della fede che ogni anno la Chiesa ci offre nei tempi liturgici ha il suo più intenso momento di grazia nella Quaresima, nella quale siamo invitati alla conversione del cuore per rinnovare il nostro “sì” di fede e di carità a Colui che è morto e risorto per noi e ci ha donato una vita nuova ed eterna. Una vita che abbiamo ricevuto nel Battesimo, quando, rinati proprio grazie al mistero pasquale, siamo diventati figli nel Figlio di Dio. Per questo la Quaresima è tempo santo di riscoperta comunitaria del Battesimo, per riviverne la ricchezza di grazia, che abbiamo ricevuto, e confermare, nella Notte Santa di Pasqua, la nostra adesione alla fede in Cristo e l’impegno a testimoniare il suo amore.

 La Quaresima è dunque tempo catecumenale. Lo è per quanti si preparano anche oggi al Battesimo, per ogni credente e per l’intera comunità. Quest’anno poi i testi biblici delle sante Messe domenicali ci permettono di approfondire questo mistero della nuova nascita ed i segni che l’accompagnano: l’acqua, la luce, il pane di vita, la risurrezione. Sono segni che richiamano l’esistenza concreta, di cui abbiamo bisogno ogni giorno e che possiamo riassumere tutti nel grande dono della fede: «Dio ci ha tanto amato da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).

 Questa è la vita eterna: che crediamo nel Figlio di Dio e, amandoci gli uni gli altri, ne testimoniano la vita. È l’amore, il suo amore assoluto e definitivo, che redime l’uomo da ogni forma di schiavitù morale e materiale. Ogni gesto di amore manifesta che siamo redenti e che vogliamo vivere, come Cristo, fino al dono di noi stessi per gli altri. «Amatevi come io vi ho amato» è il suo comandamento nuovo, perché così «tutti conosceranno che siete miei discepoli» (Gv 13,34-35).

 Preghiera, digiuno e carità sono le tappe del cammino di conversione che la Quaresima ci invita a vivere nelle nostre comunità e nelle nostre case. Ci aiuta il sussidio della Quaresima di fraternità “Là dove l’acqua è più pura”, che come ogni anno viene preparato dagli Uffici della Curia per aiutare soprattutto le famiglie a sostare nella propria casa per un momento di ascolto del Vangelo e di preghiera accompagnata da impegni concreti di amore verso i malati, i poveri e le persone bisognose di speranza. Ogni giorno può essere momento favorevole per incontrare il Signore e, nel suo nome, accogliere la luce della sua Parola per testimoniarla negli ambienti di vita e di lavoro. Anche ci aiutano gli Esercizi spirituali al popolo sul tema del Credo, che stiamo svolgendo in questi anni nelle parrocchie e che riguardano la professione di fede sullo “Spirito Santo”.

 Ricordo, infine, l’invito che la nostra Diocesi ogni anno rivolge alle parrocchie, alle comunità religiose e laicali e ad ogni cristiano e uomo di buona volontà, a compiere un gesto di amore concreto per tanti fratelli e sorelle poveri tra noi e nel mondo, che attendono la testimonianza della nostra fede e carità. La nostra offerta sia accompagnata dalla preghiera e sia frutto di sacrificio. Non vogliamo dare il superfluo, ma il necessario, perché solo così anche a noi non mancherà mai ciò di cui abbiamo bisogno in beni, ma soprattutto in amore e pace. Perché «chi semina scarsamente, scarsamente raccoglierà; chi semina con larghezza, con larghezza raccoglierà» (2 Cor 9,6).

Invito i gruppi dei ragazzi del catechismo, dell’ACR, degli Scout, dell’oratorio e i giovani a farsi promotori di questa iniziativa, anche verso tanti loro coetanei nelle scuole e in parrocchia. I gruppi missionari in particolare siano animatori della comunità cristiana affinché nessuno resti ai margini di questo impegno che deve coinvolgere tutti.

 Con l’augurio che possiate sperimentare quanto Dio ama chi dona con gioia, vi benedico e prego il Signore perché la Quaresima sia per tutti il tempo propizio per nutrire lo spirito del pane di vita, che è Cristo, Parola, Eucaristia e Carità.

                                                                                   Mons. Cesare Vescovo, padre e amico


Andiamo alla fonte

 Un cammino di 40 giorni per rivedere il nostro rapporto con Dio e per rinnovarlo, per rivedere che cosa guida e ispira la nostra vita, il nostro concreto agire quotidiano nel rapporto con gli altri, con le cose, con il mondo, con il creato e con la pace.

 Carissimi,

 all’inizio della Quaresima ancora una volta risuona l’invito del Signore: “Ritornate a me con tutto il cuore”. In questi 40 giorni è il cuore l’oggetto della nostra attenzione. Un cuore da convertire, un cuore da far ritornare là dove è la fonte della vita.

“Andiamo alla fonte” è l’indicazione che bene esprime il cammino che ci attende. Andiamo alla fonte della vita che è Cristo Signore, perché il nostro cuore diventi come il suo cuore, un cuore traboccante d’amore, un cuore che per non chiudersi si è fatto trafiggere sulla croce. Andiamo alla fonte che è Cristo per imparare ad amare, pensare ed agire come Lui.

Andiamo a quella fonte inesauribile che è la Parola di Dio, una parola che in questo tempo ci è chiesto di frequentare più assiduamente, perché diventi la luce e la guida sul nostro cammino.

Andare alla fonte ci ricorda il nostro battesimo. In questo tempo in cui le nostre riflessioni pastorali sono focalizzate sulla pastorale battesimale e dell’iniziazione cristiana, ci farà bene riscoprire quella fonte che ci ha generato nella fede, che ci ha inseriti nella famiglia della Chiesa, che ci ha reso partecipi della vita eterna.

Stimolati dalla parola efficace del papa Francesco, andare alla fonte corrisponde anche all’andare alle “periferie del mondo” per incontrare il fratello che è nella difficoltà, nel dolore, che vive isolato. E andando nelle periferie, ritrovare il Cristo risorto che lì ci attende nascosto nel cuore del povero e nelle pieghe dimenticate della storia.

Andare alla fonte per cambiare il cuore è dunque rivedere che cosa guida e ispira la nostra vita, il nostro concreto agire quotidiano. Abbiamo 40 giorni per rivedere il nostro rapporto con Dio e per rinnovarlo. In questo tempo quaresimale ci è anche chiesto di rivedere che cosa ispira e guida il nostro rapporto con gli altri, con le cose, con il mondo, con il creato e con la pace.

Questo cammino, che sempre rimane di conversione personale, non lo facciamo da soli, ma con la Chiesa, con la nostra comunità.

Andare alla fonte non diventi però un tornare nostalgicamente ad un passato che non esiste più. La fonte che è Cristo è una fonte continuamente zampillante e che sempre ci rimanda al vivere nel mondo di oggi, con la gente di oggi, immersi nei problemi di questo nostro tempo.

Invito ogni comunità, ma ancor più ogni singolo cristiano, a seguire un programma semplice, concreto e preciso per il proprio cammino spirituale quaresimale. Per andare alla fonte dobbiamo pregare di più, per attingere dall’intimità con il Signore quei tesori di amore e grazia che arricchiscono la nostra vita. Abbiamo bisogno di digiuno, per ribadire con gesti concreti il primato di Dio nella nostra vita.

La preghiera e il digiuno diventano quindi carità concreta ed operosa, perché andare alla fonte significa creare un mondo migliore più giusto e pacifico che fa di Cristo il suo cuore.

In questo cammino vorrei ricordare la proposta della catechesi quaresimale con gli Esercizi spirituali al popolo sul terzo articolo del Credo: “Credo nello Spirito Santo”.

A tutti propongo il fascicolo unitario della Quaresima di Fraternità che offre e concretizza l’itinerario formativo e spirituale della quaresimale per la nostra diocesi. Ringrazio nuovamente tutti gli uffici diocesani che per il secondo anno, in spirito di collaborazione e coordinamento, lo hanno realizzato.

Le occasioni e gli strumenti per “andare alla fonte” non ci mancano. La mia preghiera e il mio augurio è che questo nostro andare alla fonte della vita possa tra- sformare i nostri cuori e renderli sempre più simili al cuore di Cristo.

Affidiamo il nostro cammino alla Vergine Maria che ancora una volta ci invita a “fare ciò che Egli ci dirà”.

Mentre vi benedico auguro a tutti una buona quaresima.

                                                                                         Mons. Cesare Nosiglia Arcivescovo di Torino

 


Preghiera comunitaria

Dio nostro Padre,

strappa dal nostro cuore ogni egoismo

e rendici pronti a donare gratuitamente

come gratuitamente abbiamo ricevuto.

Gesù nostro fratello,

donaci di seguire il tuo esempio

nel prenderci cura di chi ha bisogno,

ricordaci sempre

che il più grande è colui che serve di più

e che il primo è l’ultimo di tutti.

Spirito d’amore,

raccoglici in unità,

allontana da noi colui che divide

e donaci il perdono e la tua grazia.

Ti ringraziamo Signore,

per la gioia di condividere con i poveri

e perché ti curi dei nostri cuori spezzati.

Amen

 


 

 Sussidio diocesano Quaresima 2014, clicca qui per scaricarlo

 

 

 Per leggere il Messaggio del Santo Padre Francesco clicca qui

 

 

Messaggio Pasqua 2014

Messaggio dell'Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, in occasione della Santa Pasqua di risurrezione 2014.

La speranza certa e affidabile

Carissimi,

dopo la mia lettera di Natale ritorno a voi e visito la vostra casa in occasione della Pasqua. Come è tradizione ancora viva in molte parrocchie che i sacerdoti visitino le famiglie per portare la benedizione di Dio in vista di questa festa, che rappresenta il centro della nostra fede, anche la mia visita è segno di affetto e di amicizia, la mia benedizione è fonte di unità e di pace.

Desidero sostare un poco con voi per ascoltare la voce del vostro cuore, prima ancora che le parole, magari di circostanza, che accompagnano a volte questi momenti di augurio. Il cuore è carico di sentimenti, di attese, di preoccupazioni, di gioia ma anche di sofferenze. È il cuore di tanti coniugi che vivono situazioni difficili o di conflitto tra loro, oppure un faticoso dialogo con figli; è il cuore dei ragazzi e giovani aperti al sogno del loro domani che non riesce a volte ad esplodere al di fuori della loro interiorità, perché si scontra con la dura legge della vita che sembra tarpare le ali anche più solide e abbattere gli ideali più alti; è il cuore di tanti anziani che hanno lavorato e si sono sacrificati tanto per i figli e la famiglia e forse si sentono ora non considerati e soli...

La casa con le sue mura copre tante situazioni personali e familiari di questo genere e tante altre che ognuno vive in se stesso e nei rapporti con gli altri membri della famiglia. Su questo vissuto scende la benedizione di Dio nella Pasqua del suo Figlio per dirci che nessuna sconfitta è definitiva, nessun dolore e sofferenza sono senza senso, nessuna situazione, anche le più tragica, è priva di luce e di speranza. Sembrano parole di consolazione ma non lo sono, carissimi, se crediamo in Colui, il nostro Dio, che queste parole ha reso fatti e azioni concrete nella sua stessa vita, fino a prenderle su di sé perché in noi ci fosse la certezza della possibile vittoria del bene sul male, della grazia sul peccato, della vita sulla morte. Questa è la Pasqua che si attua in chi, credendo in Gesù Cristo, accoglie la sua morte e risurrezione e, appoggiandosi su di lui, lotta, ama e spera contro ogni male ineluttabile e crede in una speranza di vita eterna che va al di là di ogni possibilità umana.

La forza distruttiva del peccato, quello personale e quello che investe la vita familiare e sociale e provoca macerie di ingiustizia, sopraffazioni e violenze di ogni genere, sembra avere la meglio sui propositi di bene che pure abitano il cuore di ogni uomo. Chi potrà mai liberarci da questa condizione miserevole? La Pasqua di risurrezione ci offre una risposta forte e carica di speranza: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Il Padre lo ha risuscitato dalla morte per una scommessa di speranza, affidata a tutti i credenti, a me e a voi, a coloro che non vogliono darla vinta alle forze del male.

Ti sentiremo un’altra volta

C'è un episodio del libro biblico gli Atti degli Apostoli scritto da San Luca nei primi anni dopo la morte di Gesù in cui si racconta di un famoso discorso dell'apostolo Paolo tenuto all'Areòpago di Atene (At 17,16-33), un luogo dove tanti filosofi e uomini di cultura si riunivano per discutere e riflettere sulle più svariate opinioni e discorsi di chiunque volesse intervenire.

Paolo si presenta loro e dice di essere meravigliato per la religiosità del popolo ateniese, perché ha visto molti templi dove si onorano diverse divinità e tra essi c'è anche un altare "al Dio ignoto". L'apostolo annuncia loro: quel Dio ignoto che voi onorate io ve lo rivelo. E dopo aver magnificato la potenza del Dio unico che crea il cielo e la terra, gli uomini e ogni cosa, conclude il suo discorso annunciando la risurrezione di Gesù Cristo. Tutta quella gente, che fino a quel momento lo ascoltava volentieri, comincia a deriderlo e lo snobba, dicendogli: «Su questo ti ascolteremo un'altra volta» (At 17,32).

Perché è così difficile credere che Dio abbia risuscitato Gesù Cristo dai morti?

Questi uomini di cultura e filosofi deridono Paolo, l'ebreo che ha osato predicare in quel luogo laico una verità assurda e inconcepibile, perché considerata assolutamente irriverente per la ragione umana. La risurrezione, centro della fede cristiana, non è stata una verità facile da accogliere nemmeno dai discepoli di Gesù, che pure videro il Signore risorto davanti a loro dopo la sua Pasqua. Ne è prova il Vangelo di Luca, che racconta come, dopo la risurrezione, Gesù apparve ai suoi apostoli e, stando in mezzo a loro, disse: «"Pace a voi!". Essi, sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: "Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho". Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. Ma poiché per la gioia non credevano ancora ed erano pieni di stupore, disse: "Avete qui qualche cosa da mangiare?". Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; egli lo prese e lo mangiò davanti a loro» (Lc 24,36-43).

Se Cristo non è risuscitato, vana è la nostra fede

L'affermazione è dell'apostolo Paolo (1Cor 15,17), che vuole dire ai suoi "parrocchiani" di Corinto come sia decisivo credere nella risurrezione di Cristo, fondamento della nostra risurrezione: quella che ci attende al di là della morte e anche quella anticipata nelle tante morti

che sperimentiamo dentro l'esistenza quotidiana. Quando qualcosa non va, ci mettiamo una pietra sopra. Ma l'annuncio di risurrezione ci dice che la pietra è stata tolta e la tomba si è fatta grembo di una vita risuscitata.

Forse in questo momento vi vengono in mente precise situazioni familiari nelle quali fate l'esperienza della "tomba": il rapporto di coppia, gestito a volte in modo scontato e senza più slancio e novità, quando non addirittura spento; la conflittualità con i figli, per la maniera di gestire la propria libertà ed autonomia, talvolta a rischio della stessa vita; le prove dolorose, come le malattie, che creano condizioni di grave sofferenza. Di fronte a queste situazioni sembra che tutto sia rovinato e per sempre. E invece è proprio lì che la fede fortifica la speranza che quello che appare impossibile si può avverare, se crediamo all'annuncio che alcune donne, recatesi al sepolcro di Gesù, hanno udito il mattino di pasqua: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?» (Lc 24,5). L'evento pasquale vede strettamente intrecciate morte e vita, come avviene nel cuore dell'esistenza. Ogni esperienza di vita può drammaticamente trasformarsi in morte. Non c'è anzi vita che non porti dentro la morte, e non c'è esperienza di morte che non contenga un germe di vita, come il chicco di grano che marcisce sotto terra per portare frutto (cfr. Gv 12,24). La Pasqua parla dunque di Cristo, ma anche di ciascuno di noi; ci colloca nel crocevia, segnato dalla croce che intreccia il morire e il vivere, la disperazione e la speranza, il pianto e la gioia. In una parola ci offre una luce per comprendere e vivere la nostra concreta esistenza di ogni giorno. Allora sperimentiamo che solo in questa fede nella risurrezione si radica la fondata speranza che la nostra vita non è lasciata al caso e alle intemperie detta-te dalle situazioni che ci capitano, ma è sostenuta e orientata a un traguardo di felicità senza fine.

Se Cristo non fosse risorto, noi saremmo schiacciati dalle prove che la vita ci riserva, non avrebbe senso fare il bene, agire per un mondo più giusto e pacifico, lottare contro ogni forma di violenza e di male. Se Cristo non fosse risorto, saremmo an-cora schiavi dei nostri peccati e incapaci di vincerli con l'Amore.

Se Cristo non fosse risorto, la sofferenza di tanti malati sarebbe inutile e senza significato e la morte sarebbe l'ultima parola definitiva della propria vita.

Se Cristo non fosse risorto, noi credenti saremmo i più illusi e disperati di tutti gli uomini.

Si, Cristo è davvero risorto

Ne siamo certi, e annunciamo con gioia che in questa sua vittoria sta la nostra vittoria, che si compirà pienamente nel Regno di Dio, ma che già oggi e domani e sempre si compie attraverso l'azione potente del Risorto nella sua Chiesa e nel mondo, mediante la fede che si fa amore. Noi siamo certi che niente potrà mai separarci dall'amore di Cristo: né tribolazioni e angoscia, né persecuzioni e violenze, né malattia e sofferenza, né ingiustizie e soprusi, né vita né morte, perché in tutto questo noi siamo più che vincitori grazie a Colui che ci ha amato e ha dato se stesso (cfr. Rm 8,35-38). «Se infatti Dio è per noi — ricorda l'apostolo Paolo — chi sarà contro di noi? Egli che non ha risparmiato il proprio Figlio e lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?» (Rm 8,31).

Cristo, che è morto ed è risuscitato e sta alla destra di Dio, intercede per noi e ci assicura la vittoria su ogni avversità che ci opprime e sulla stessa morte. E l'apostolo Giovanni, di fronte al Battesimo che ci ha fatto rinascere in Cristo a una nuova vita, la sua stessa di risorto, esclamerà con stupore, ma anche con profonda convinzione: «Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo e questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?» (cfr. 1Gv 5,4-5). Dunque, siamo certi che la nostra fede può vincere il mondo, anche se esso sembra così forte da distruggere ogni germe di risurrezione. Cristo ha vinto e i suoi discepoli vinceranno con lui, perché alla fine l'ultima parola è sempre di Dio, che vuole la vita e la vuole in abbondanza e piena per tutti.

Credere in Cristo risorto e vivere la sua Pasqua significa sperare che in Lui tutto diventa possibile: vincere ogni male con il bene, non cedere mai alla tentazione di scegliere altre strade ritenute più efficaci e concrete per sconfiggere la forza dirompente del peccato che è in noi.

Vivere la risurrezione significa amare la vita di tutti, difenderla e promuoverla sempre e comunque. Questa è diventata per i cristiani la frontiera più avanzata dell'evangelizzazione e della civiltà di fronte all'estendersi del potere della morte che ogni giorno prende piede nelle coscienze delle persone e nella prassi della società.

Pace a voi

Il mio augurio si rivolge a voi, carissimi giovani, perché, di fronte a un mondo che vi adula ma che confina le vostre speranze nello spazio virtuale dei social network o nei luoghi di un disimpegnato e trasgressivo divertimento che lasciano vuoto il cuore, siate forti e alternativi, ritrovando in Cristo risorto il vero amico e compagno di strada che vi aiuta a gustare in pienezza la vita, l'amore, la gioia e apre orizzonti sempre nuovi di futuro.

A voi, genitori e famiglie, auguro di credere e sperare anche contro ogni speranza che verità e nell'impegno solidale per il bene di tutti, auguro di continuare a impegnarvi  per un mondo più giusto e solidale dove la pace, frutto di sacrificio e di amore, come ci rivela la Pasqua di Cristo, sorregga il cammino dell'umanità verso la ricerca del bene comune nella libertà e nell'amore.

A tutti ripeto l'augurio di Gesù che la sera della Pasqua fece ai suoi apostoli: Pace a voi e a quanti la porterete nelle vostre case, nella comunità, nel mondo.

 Cesare vescovo, padre e amico

Preghiera prima dei pasti nel giorno di Pasqua e in ogni domenica

Uno dei genitori introduce la preghiera con questo saluto:

La pace del Signore sia su di noi e sulla nostra Casa.

Quindi qualcuno legge un brano della Bib¬bia, che può essere il seguente:

«Il primo giorno della settimana, al mattino pre¬sto esse si recarono al sepolcro, portando con sé gli aromi che avevano preparato. Trovarono che la pietra era stata rimossa dal sepolcro e, entrate, non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre si domandavano che senso aves¬se tutto questo, ecco due uomini presentarsi a loro in abito sfolgorante. Le donne, impaurite, tenevano il volto chinato a terra, ma quelli dis¬sero loro: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risorto"» (Luca 24,1-6).

Preghiamo insieme:

Effondi, Signore, la tua benedizione sulla nostra famiglia riunita nel tuo nome. Fa' che ognuno di noi sia fervente

nello spirito, assiduo nella preghiera, premuroso nel reciproco aiuto, sollecito alle necessità degli altri, testimone di fede e di amore, con le parole e le opere. Per Cristo nostro Signore.

Amen.

Preghiera di benedizione in ricordo del battesimo dei figli

Un genitore introduce la preghiera con il saluto:

Cristo è risorto. Alleluia!

E tutti rispondono:

È davvero risorto. Alleluia!

 

I genitori pregano per i figli:

Signore Gesù, che hai prediletto i piccoli, i ragazzi e i giovani, esaudisci le preghiere che, come genitori, ti rivolgiamo per i nostri figli. Custodiscili, Tu che ce li hai dati e che noi nel battesimo abbiamo segnato con il segno della tua croce. Proteggili sempre da ogni male, dona loro salute spirituale e fisica. Fa' che crescano nella fede e nell'amore verso di Te e verso tutti. Siano forti della tua amicizia e testimoni coraggiosi del tuo vangelo.

I genitori fanno quindi una piccola croce sulla fonte dei figli, mentre dicono le parole:

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Messaggio Giornata Nazionale Salute Mentale 2014

MESSAGGIO DEI VESCOVI DEL PIEMONTE E VALLE D’AOSTA IN OCCASIONE

DELLA GIORNATA NAZIONALE DELLA SALUTE MENTALE ( 5 dicembre 2014)

 

Il contesto culturale in cui viviamo è contraddistinto da un grande paradosso: nonostante le manifeste dichiarazioni di libertà, di opportunità, di possibilità di movimento e di comunicazioni, l’orizzonte di Speranza appare sempre più limitato e arido. La Speranza, condizione necessaria al vivere, prima ancora che virtù, viene progressivamente oscurata da uno spazio esistenziale precario, svuotato di senso, privo di significati trascendenti. Il vivere pare essere una rincorsa continua al superamento del limite, che è invece lo spazio in cui la Speranza può aprire orizzonti infiniti. In tali condizioni anche la mente subisce cambiamenti poco salubri, ma profondamente diffusi e condivisi.

Il disagio psichico e la sofferenza mentale sono certamente tra le più pesanti “periferie esistenziali”, che prolificano laddove vi è carenza di relazione, povertà di affetti, incapacità di ascolto, situazioni in cui spesso è vittima anche la famiglia; spesso, per vergogna, tali fatiche non emergono e per esse non si cerca aiuto all’esterno. Troppo frequente è la frase “non possiamo fare nulla” (che sottende la convinzione “non è un problema mio”), senza soffermarsi a riflettere sull’importanza che una autentica presenza fraterna, priva di pregiudizio e timore, potrebbe avere verso i sofferenti e le loro famiglie.

Siamo tutti chiamati ad elaborare e realizzare proposte orientate all’educazione, all’accoglienza, alla capacità di promuovere e testimoniare stili di vita improntati sulla qualità della relazione piuttosto che sullo strumento con cui attuarla.

I cristiani sono particolarmente interpellati da questo drammatico aspetto della fragilità umana e vanno incoraggiati a manifestare, in opere e parole, la concreta possibilità di “aprirsi a una vita nuova”. Occorre dare voce e testimonianza, anche verso le persone con disturbo psichico, che nella debolezza e nella sofferenza emerge e si scopre la potenza di Dio, che supera la nostra debolezza e la nostra sofferenza… la sofferenza non può essere eliminata, ma può ricevere un senso, può diventare atto di amore, affidamento alle mani di Dio che non ci abbandona (Papa Francesco, Lumen Fidei, n.56).

Avviciniamo questi fratelli e sorelle con rispetto e senza timori, “mettendo l’amore di Dio e del prossimo anche nella sofferenza: è l’amore che trasforma ogni cosa “ (Papa Francesco, Discorso all’Associazione Silenziosi Operai della Croce – Centri Volontari della Sofferenza, 17/5/14).

A nome della Conferenza Episcopale Piemontese

+ Mons. Francesco RAVINALE
Vescovo di Asti
Delegato Conferenza Episcopale Piemontese
per la Pastorale della Carità e dei Migranti

+ Mons. Guido FIANDINO
Vescovo Ausiliare Torino
Delegato Conferenza Episcopale Piemontese
per la Pastorale della Salute
Torino, li 18 novembre 2014

 

Messaggio Arcivescovo per Natale 2014

Lettera dell'Arcivescovo per il S. Natale 2014

Clicca qui o sull'immagine per accedere al testo

 

 

Messaggio Pasqua 2016

Messaggio dell'Arcivescovo di Torino, Mons. Cesare Nosiglia, in occasione della Quaresima e della Santa Pasqua 2016.

CANTERÒ PER SEMPRE LA MISERICORDIA DEL SIGNORE